IN VIAGGIO CON LA DÉESSE
2007
Testo di XAVIER CANONNE
(Direttore del Museo della Fotografia, Charleroi)
Ho aperto la porta del garage. Nella fresca ora del mattino, lei sembra svegliarsi, gli occhi semi-chiusi che cercano nella luce il paesaggio dietro di me. I suoi fianchi guidano la mano sul riflesso che l’accarezza fino all’impugnatura che io spingo. Mi siedo, silenziosamente, respirando l’odore di cuoio e di carburante mischiati; posso aspettare prima di girare la chiave di avviamento e abbandonarmi piacevolmente sprofondando nel sedile, le mani sul volante, i piedi sui pedali, proprio come bambino imitavo i piloti: la giornata promette bene, oggi è una giornata senza fretta al di là del grande schermo che il retrovisore non disturba; quale che sia la stagione, il parabrezza di una D.S. è una finestra sul mondo.
E’ sempre lo stesso cerimoniale: guardare le cromature un poco rovinate, il pomello lucidissimo della leva del cambio, gli oblò inseriti nel cruscotto affondando tre volte l’acceleratore, lo starter tirato; tirarlo indietro per poi fare girare la lunga chiave. Lei, per un poco, cerca di resistere. Se non lo facesse, crederei che un altro ieri l’ ha guidata, che è uscita a mia insaputa per poi tornare silenziosamente al garage come una adolescente colpevole che rientra dopo mezzanotte.Ancora una volta e lei si muove con un sussulto; non ingolfarla soprattutto, attendere ancora prima di riprovare: questa è la volta buona, il motore gira, prende il proprio ritmo regolare ed è ogni volta un piccolo miracolo il sentirla subito sollevarsi da dietro, davanti in seguito, tale quale un gatto che lascia la sua poltrona dove ha dormito. Questa sospensione che tanto è stata vantata, che ne è la gloria e qualche volta anche l’angoscia del conducente non è certo la più piccola delle sue attrattive; per me, la rende viva, animale, diversa da ogni altra macchina che ho guidato, che ho dimenticato. Non ho mai smesso di avere delle D.S., anche se devo a volte ricorrere a delle macchine utilitarie;
da quando guido, lei ha accompagnato ogni momento della mia esistenza ed io potrei enumerare senza rischio di sbagliarmi i colori ed i modelli che io ho avuto in questi trent’anni, come quelle e questi sono stati al mio fianco.
Lei esiste da prima che io nascessi e certo mi sopravviverà, anche se non ne restano più: lei appartiene a una epoca , una civiltà, come una scultura antica, un mobile d’antiquariato.
Ella non smette di affascinare e la sua attrazione è superiore a quella del pilota; quando passeggio – si passeggia sempre un poco in D.S. – lei attira la simpatia: cenni con la mano, movimento di luci dei fari, sorrisi agli incroci ed io non posso fare benzina o parcheggiarla senza dovere sostenere una conversazione a volte anche indiscreta: non si dovrebbe mai domandare l’età di una Signora.
Anche per gli altri lei evoca dei ricordi da fare credere che non ci sia mai stata che lei sulla strada e per i più giovani , è come l’improvviso passare di un film sulla strada talmente ha accompagnato il cinema e la fotografia in cinquant’anni .Basta vederla in mezzo ad altre auto per distinguerla immediatamente: alta ma non altezzosa, molto elegante come disinvolta, sembra non volere accettare di invecchiare.
Un amico, per scherzare, mi ha spedito la fotografia di un campo dove riposano cinque relitti di D.S e di I.D. Una è senza capotta e senza fari, una senza alette e con l’erba che la invade fino a metà ruote; eppure tutto questo non evoca assolutamente un cimitero: sotto l’oltraggio del tempo, la Citroen resta maestosa, come incagliata sulla spiaggia in attesa della marea che la solleverà per portarla lontano.Anche mutilata, lei conserva questa linea particolare, questo segno cosi contemporaneo che disegnare la sua forma nello spazio è come passare dalla nuca alla spalla nuda.
Noi camminiamo insieme ma sono io che vigilo. Arriverà il momento, un altro più giovane la condurrà per portarla via. Dopo tutto è giusto, io ho fatto la stessa cosa. Grazie a lei, io appartengo ad una catena di anonimi che insieme l’hanno conservata per coloro che verranno. Se una D.S. non si impresta mai, però si cede, ma in fiducia, come ci si confida un segreto, la chiave di una casa.
Una dimora, è questo dopo tutto: guidare una D.S, è come occuparsi un poco della Storia.
Lettera di presentazione
Sicuramente suggellare la decima edizione di questa manifestazione con la pubblicazione di un secondo libro fotografico dell’amico Cesare Di Liborio è motivo di grande orgoglio e soddisfazione.
La strada artistica percorsa è sostanzialmente il seguito del volume “Pallas” pubblicato allo scadere del quinto anno.
Spero che questa iniziativa sia accolta positivamente e abbia la stessa fortuna della precedente. Fu un grande successo, ebbe significativi riconoscimenti, non da ultimo durante i festeggiamenti dei cinquant’anni della nascita della DS, a Parigi, alla FIAC Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea, ventiquattro fotografie furono esposte in uno splendido salotto messo a disposizione dalla Citroën.
Ritornando al libro “In viaggio con la Déesse”, vorrei mettere in evidenza la completezza dell’opera che si raggiunge con i testi del Signor Vasco Ascolini e la presentazione del Direttore del Museo della Fotografia di Charleroi Signor Xavier Canonne, possessore di una Citroën DS.
Con questa iniziativa prosegue un ciclo positivo di questa manifestazione che mi ha dato tantissime soddisfazioni, nuove conoscenze e anche diverse amicizie.
- M.
“In viaggio con la Déesse”
Il progetto è stato quello di trarre una serie di immagini di viaggio. Il comune denominatore di questo viaggio è la Citroën DS.
Il percorso parte dalla città, per proseguire dapprima verso la collina e poi attraverso la pianura fino al grande fiume Po. Un percorso simbolico, un omaggio in questo decennale alla provincia di Reggio Emilia, dove nel 1998 si svolse il primo raduno ormai storico. Senza dimenticare una sosta ad Albinea, una sorta di omaggio alla Municipalità per l’accoglienza che ci offre ormai da qualche anno.
Le immagini sostanzialmente sono di due tipi: di viaggio, fatte dall’interno dell’auto verso l’esterno, utilizzando sia la struttura della vettura che le silhouette dei componenti come quinte di un paesaggio che passa veloce.
Di paesaggio, fermandosi nei luoghi più significativi, utilizzando il luogo stesso attraverso le sue strutture e i suoi simboli come sfondo ed una parte dell’auto come quinta.
Il mosso che si trova in alcune immagini è pensato per donare l’idea del movimento e del viaggio come intercalare fra immagini statiche.
- D.L.
Reggio Emilia 13 maggio 2007
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